E a un certo punto mi sono persa.
Stavo guardando la puntata di una serie tv in piena notte, uno di quei thriller psicologici che mi piacciono tanto, mi addormentavo di tanto in tanto rimandavo indietro ad ogni poppata e ho avuto una specie di illuminazione. Non una roba mistica, sia chiaro, ma una frase della protagonista mi ha come aperto gli occhi su qualcosa in cui ero immersa fino ai capelli, ma faticavo a razionalizzare.
Mi sono battuta con le unghie e con i denti per avere questa vita. Ho 4 figli stupendi e sani (cosa non da poco), mi sono costruita un ottimo lavoro con cui oltre a mantenermi posso togliermi diversi sfizi… Ma cavolo, io non sono felice.
Non sono scappata da questa sensazione, ma anzi, mi ci sono immersa con tutta la tristezza possibile. E ho capito che: mi mancavano le mie risate, il mio ballare con le bambine quando nessuno mi vedeva, non riuscivo neanche più a cantare le mie canzoni preferite nei lunghi viaggi di lavoro. Preferivo alzare lo stereo, non ascoltarle nemmeno quelle canzoni, lasciare che una musica di merda ad alto volume prevalesse sui miei pensieri.
Facevo cose che dovevo fare, dovevo farne tante, per gli altri non erano comunque abbastanza e per me invece era troppo anche farne la metà. Non vedevo l’ora di finire le interminabili giornate di lavoro andata e ritorno a Milano e tornare a casa, ma poi quando tornavo mi fermavo dieci minuti davanti al cancello, spegnevo la macchina e ascoltavo solo musica, perchè non volevo pensare.
Ecco: pensare. Mi hanno fatto capire fin da bambina che ero troppo complicata, che spaccavo il capello in 4, che pensavo troppo e vivevo male per questo. Ma no, non è così: puoi avere dei momenti no se sei molto sensibile, perchè molte più cose ti portano a soffrire, ma non è pensare il problema. Il problema è quando tu pensi, ti interroghi, ti metti in dubbio e quelli che ti circondano no. Il problema è quando soffri per una sensibilità troppo accentuata (e carattere a parte, sarà venuta fuori per qualche motivo) ma a chi ti sta intorno non importa, perchè l’unica cosa che sei tenuta a fare è essere “brava” e produttiva.
Da madre queste cose si amplificano: che madre di meRda sei se con quattro figli bellissimi e sani e una famiglia che hai scelto non sei felice? Devi vivere ringraziando il cielo – e in parte è così, ovvio – e deve bastarti. devi ringraziare il cielo se dopo anni hai un uomo che ancora ti guarda mangiandoti con gli occhi, e poco importa se quando si gira tu hai voglia di piangere. Questo mi hanno insegnato: devi accontentarti, farti bastare le cose belle, non pensare a quelle brutte e se fai il contrario sentirti terribilmente difettosa.
Ecco, quella notte io ho iniziato a sentirmi terribilmente difettosa.
Io con il mio bisogno di essere amata all’ennesima potenza, io che faccio mille problemi per cose per gli altri minuscole, io che potrei avere tutto e invece ho la tendenza a non essere felice, io che ad accontentarmi proprio non ci sto.
Quella notte mi sono persa. E lentamente mi sto ritrovando.
Ma la cosa importante è piuttosto COME lo sto facendo.
Non mi sto più focalizzando sulle cose positive, quelle ci sono, lo so che sono fortunata per molti aspetti, ma su quelle negative, che non mi lasciano vivere tranquilla.
Me le ripeto ogni mattina e ogni sera, mi ci soffermo col pensiero ogni volta che mi vengono in mente, senza cercare di scappare. Io non devo scappare, perchè sono più forte di loro. E grazie a questa consapevolezza mi sto ritrovando.
Sono io che nuoto da sempre in un mare di cose difficili, ma sono più forte
Sono io che ho mille difetti, ma a fronte di questi ho sicuramente delle doti, proprio perchè ho costruito tante cose – figli in primis.
Sono io, che mi ero persa e lentamente mi sto ritrovando. Non ho fretta, mi do del tempo e mi aspetto.