L’altro giorno è stato un giorno semplice, dopo settimane. Ho avuto voglia di scriverne perchè mi sono sentita leggera.
Semplice non perchè non ci sia stato da concentrarsi sul lavoro o su altri problemi, semplice perchè ho deciso che fosse semplice ed incredibilmente è filata liscia.
Greg si ammala una volta all’anno (per fortuna) e ieri era quella volta, quindi stamattina è stato a casa con me. All’una e mezza ho preso Eva a scuola, le ragazze sono rientrate alle due e il pranzo era pronto senza affanno.
Lo sottolineo perchè ultimamente sono spesso in affanno e lo so, il fatto di non esserlo unicamente perchè ho la febbre alta e dunque non ho obblighi sociali non va bene, ma ce lo facciamo andare, sempre meglio di niente.
La febbre… La febbre di solito mi viene a trovare quando trascuro completamente il riposo ed è come me, non ha mezze misure: o 38,5 o niente. Questa volta si è accompagnata con una congiuntivite che mi rende ancora più cieca del solito, per cui slow down proprio. Ho dipinto due mobiletti che da un pò aspettavano una rinfrescata, stirato, il resto l’ho passato al telefono a fare colloqui di lavoro e cercare di sistemare alcune situazioni.
Un’amica ha preparato la cena per tutti, io mi sono coccolata Greg sul divano guardando la partita di Berrettini contro Tsitsipas e sono riuscita anche a chiacchierare un pò con mia figlia più grande. Il tutto con il lavoro che mi ero assegnata portato a termine e un buon vino rosso a farmi compagnia. Sapevo che la mattina avrebbe portato i bimbi a scuola mio cognato ed ero rilassata nel non dovermi svegliare alle 6,30.
Bello. Ne avevo bisogno.
Ieri è stata una giornata pessima. Ma pessima eh. E giuro che il mio stato mentale invece era partito proprio bene.
Ho dormito un pò di più, anche se alle sette facevo le trecce camminate ad Eva e si lamentava che non venivano bene, ho fatto una bella colazione per avere tanta energia e mi sono guardata una puntata di Surface su Apple TV, aspettavo la seconda serie da un anno.
Mi soo svegliata sudatissima, la febbre era scesa, faceva caldo e ho pensato di fare una camminata mentre passavo le solite ore al telefono. Ho lasciato la macchina davanti a scuola di Eva, con me solo il pc se ne avessi dovuto bisogno e sono uscita di casab bella carica, nonostante dei capelli di merda.
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Sapevo che il fine settimana sarebbe stato molto impegnativo perchè Eva doveva andare in trasferta col cavallo (e noi con lei), però dai, quello è stato il mio mondo per tanti anni e alla fine anche se si arriva stanchi al lunedì è bella la vita di scuderia. I panni che stiro nel weekend avrebbero aspettato il lunedì pomeriggio e Andrea finalmente la sera sarebbe tornato e mi avrebbe tolto qualcosa da fare nel weekend.
Ore 9,30, prima chiamata di lavoro: problemi, ma sono maestra nella gestione di problemi Ore 12, telefonata di due ore fatta solo di critiche, problemi e zero costruttività. Il tutto sapendo che mi faccio un c..o come un calzino e che sto portando avanti cose davvero importanti. Sopporto le critiche costruttive, non supporto altri tipi di atteggiamento e spesso quando arrivo così al limite mando tutto a quel paese, facessero gli altri che fanno bene.
In mezzo alla telefonata mi chiama Eva che sta male, corri a prenderla a scuola, riuscirà a fare la gara domani? La vado a prendere mutando il telefono, la scarico letteralmente a casa dicendole che sarei tornata dopo la call delle 14,30, una call bella tosta.
Mentre faccio la call, cercando sempre di mediare tra tutti, mi chiama Andrea da Lodi dicendo che si è lussato una spalla, m a “ti faccio sapere dopo che mi stanno portando via in ambulanza”.
Ti faccio sapere, ovvero aspetta, se parti dopo n on è un problema. Insomma, io sono partita per essere su per le 8 e recuperarlo lasciando la sua auto lì e mi sono presa pure una cazziata perchè “a 50 anni faccio come dico io”. Avete sentito un grazie per il fatto che a mezzanotte e mezzo fosse comodamente nel suo letto a dormire? Io no.
Sono rientrata super incazzata tra il lavoro e il suo comportamento, quattro ore di andata in silenzio e 4 ore di ritorno in altrettanto silenzio, con la spada di damocle che “domani sei stanca e non riesci a stare dietro ad Eva”. A dieci minuti da casa gli ho vomitato addosso tutto ciò che mi tenevo dentro da ore, forse cercando comprensione, ma ottenendo il contrario.
Mi sono infilata nella vasca da bagno calda all’una di notte, anche perchè indossando un completo termico dalla mattina non emanavamo esattamente profumo di fiori. Mia suocera aveva fatto cenare tutti, anche se le grandi sono in grado di fare la cena ai loro fratelli, Eva mi aspettava sveglia e nervosa per la gara di oggi, io ero asausta, più mentalmente che fisicamente.
Oggi Eva ha fatto la sua gara, è felice, io ho gioito per lei ma sono ancora davvero amareggiata. Non so ancora come affronterò la settimana – se non per il fatto che avrò il marito infortunato a casa e questo no, non è un bene – e soprattutto se riuscirò a gestire con calma cose che mi fanno molto incazzare.
E così sarà sempre la vita di noi mamme a cui viene costantemente chiesto troppo. Una buona, tre pessime.
Vi abbraccio