Ultimamente mi trovo spesso a pensare alla felicità. Che cos’è? E soprattutto dov’è che si trova?
Sono stata una bambina molto fortunata per certi versi, meno per altri; ho passato tanti giorni con i miei giovanissimi genitori ma anche infinite giornate giocando da sola e di attimi di felicità ne ricordo tanti. Ciò che li accomuna è quel sapore di cose semplici che amo quasi quanto l’aroma del caffè al mattino.
Ricordo la festa dei miei quattro anni: ero in vacanza con i miei nonni in campagna e i miei genitori erano venuti a trovarmi portando una torta con tanta panna e una Barbie a cui ho masticato le dita per anni. Lì è stata scattata la mia foto preferita di me bambina, con le codine, in braccio ad un padre poco più che ventenne e all’ombra di un nocciolo che ormai non esiste più. Eravamo in camper, allora non c’erano permessi particolari da chiedere per la sosta, c’erano cose molto più semplici: c’era il tavolino da campeggio che si apriva con un solo gesto e aveva le sedie incorporate, c’era il letto matrimoniale in cui dormivano in sei cuginetti, tre per un verso e tre per un altro, c’era il gelato a palline da andare a comprare nell’unico bar di paese. E io ero felice.
Ricordo i pomeriggi di estate dei miei dodici anni: avevo iniziato da poco ad andare a cavallo e mio nonno era l’addetto al servizio taxi. Quando mi tornava a prendere in scuderia raggiungevamo insieme la casa della sorella di mia nonna, loro sono state sempre molto unite e in estate trascorrevano almeno un mese insieme. Mi sedevo con loro nella grande terrazza sul fiume e mangiavo pane e una grossa fetta di formaggio accompagnata dal suono delle voci e dallo scorrere dell’acqua che formava un grosso gorgo proprio in quel punto. Cose semplici, forse anche troppo, ma ero felice.
Crescendo, il piacere delle cose semplici mi ha sempre accompagnata: il profumo dei fiori di campo, la chiesina di campagna in cui sedersi per qualche minuto, il sole che accarezza la pelle tra il canto dei grilli, il borbottio della moka che inizia a regalare le prime gocce di caffè, il calice di vino rosso sorseggiato sul divano con mio marito, il profumo di un asciugamano asciugato al sole, i semi di zucca salati.
Da mamma, cerco di insegnare ai miei figli il piacere delle cose semplici, sperando che magari preservi anche loro dalla ricerca di piaceri più effimeri, così come è stato per me. Raccolgo con loro fili d’erba da soffiare in mezzo alle mani giunte, ci accoccoliamo sotto una coperta sul divano mentre fuori piove, sferruzziamo la lana perse nel suono dei ferri che si toccano.
Nella vita ci sono le grandi gioie e poi c’è la felicità. E questa ha un odore di pelle di bimbo mista a caffè caldo, pane appena sfornato e lenzuola asciugate al sole, il suono dei ferri che lavorano la lana, di uccellini che cantano e di acqua che scorre, il sapore di un pomodoro maturo spaccato e delle ciliegie rubate dall’albero.
Le cose semplici che nessuno può toglierci.