“Rallenta mamma”, questo sembra dirmi mio figlio mentre, dopo l’ennesima poppata, si addormenta appoggiato al mio petto, fregandosene dei post che devo scrivere, dell’acqua che bolle sul fuoco, dei panni da stirare, della doccia da fare alle sorelle.
A lui non importa che ora del giorno o della notte sia, quante cose da fare io abbia lasciato indietro per cambiarlo, lavarlo, sfamarlo quelle otto/dieci volte al giorno. Non gli importa in che posto siamo, se siamo sul nostro divanone di casa, in mezzo ad un negozio pieno di gente, in un ambiente di lavoro (sì, mi segue anche lì). A mio figlio importa solo del mio odore, della mia voce e del mio latte. Ha quella beata età, che ormai neanche le sue sorelline hanno più, in cui se ne può fregare dei protocolli e può persino fare sonoramente la cacca nel bel mezzo della più importante delle riunioni.
Mio figlio profuma di latte e di salviette e ha gli occhi profondi, di quel colore grigiastro ed indefinito che ti lascia fantasticare che boh, magari la “fortuna” degli occhi azzurri della prima figlia capiterà anche a lui, o magari avrà gli occhi furbetti color nocciola come la seconda (il nero della terza lo escludiamo). Ancora incrocia le pupille quando mi guarda, ma pare che inizi a mettere a fuoco e risponde con qualche timido sorrisino (se poi è solo una smorfia va bene lo stesso, mi piace pensare che sia così). E con quegli occhietti vispi sembra volermi dire tante cose.
Mio figlio, nel suo menefreghismo dei modi, dei tempi, delle situazioni, sembra volermi dire “rallenta mamma”. Rallenta… Me lo sono detta durante tutta la gravidanza, me lo h ripetuto molte volte anche il medico durante l’ultimo trimestre. Eppure tutti gli impegni, le figlie, il lavoro, la famiglia intera, sono arrivata al parto senza mai praticamente riposare e ho ripreso i ritmi normali così velocemente che a volte mi illudo di non aver neanche partorito. Non solo per necessità, ma anche per indole, perché io ferma non so stare e detesto lasciare troppo spazio ai pensieri. Eppure lui che mi dorme sul petto, cuore contro cuore, sembra ripetermi quella parola: RAL-LEN-TA.
“Rallenta mamma”, perché chi non rallenta si perde delle cose per strada e ora molto del tuo tempo deve essere per me, per massaggiarmi i piedini con l’olietto profumato, per infilarmi con l’azienda quelle calzine che proprio detesto, per calmarmi quando ho mal di pancia e non trovo conforto.
“Rallenta”, perché stavo così bene protetto dentro di te, che ora che non lo sono più ho bisogno che tu mi protegga con le tue braccia, le tue carezze, la tua voce pacata anche quando piango.
“Rallenta” perché chi non rallenta rischia di andare a sbattere in curva e tu sai di cosa parlo. Non si può andare sempre a cento all’ora per evitare di fermarsi a pensare, il mondo è fatto di tante piccole gioie e si rischia di non fare in tempo a vederle. Un giorno ti chiederai quanto fossero piccoli i miei piedini da neonato, cercherai di ricordare quale fosse esattamente il mio profumo e troverai queste risposte solo se ora saprai mettere in cassaforte queste informazioni con calma e pazienza. Non basta l’amore mamma, serve la calma, serve la lentezza e noi bambini siamo qui per ricordarlo a tutte le mamme. Il tempo scorre via veloce e tutto quello che ora stai “perdendo” per sfamarmi dieci volte al giorno tra qualche anno sembrerà un battito di ciglia.
“Rallenta mamma” perché nella tua lentezza, nei tuoi gesti costanti e ripetitivi, io troverò tutto ciò che mi serve per crescere sereno e sicuro di me, anche se si trattasse della tua ennesima ninna nanna stonata e tremolante.
Rallenta, perché hai il diritto di vivere il nostro qui e il nostro ora perdendoci l’uno nel battito del cuore dell’altra, mentre dormo sul tuo petto.