Una sentenza della Corte di Cassazione crea la rivoluzione sull’assegno di mantenimento all’ex coniuge dovuto in caso di divorzio: ecco cosa cambia
Sono una romantica che crede che ci si sposi sempre per amore, ma forse non è così; inoltre c’è chi magari parte con le migliori intenzioni, ma poi subentra un’altra persona (o altri problemi) e allora via, addosso all’ex con pretese economiche. Parlo soprattutto di donne deluse, ma ultimamente sempre più uomini chiedono un assegno di mantenimento in sede di divorzio, se la parte forte era lei (prendete l’esempio di Barbara d’Urso, ma anche di tante imprenditrici).
Bene, la nuova sentenza della Cassazione sul divorzio cambia tutto e ora è rivoluzione sull’assegno di mantenimento dovuto all’ex coniuge. Gli avvocati divorzisti la definiscono una rivoluzione, sicuramente la sentenza 11504/17 della Cassazione rappresenta un passo avanti nell’adeguamento a degli standard che non sono più certo quelli di 40 anni fa.
La Corte di Cassazione ha stabilito che il “mantenimento non va riconosciuto a chi è indipendente economicamente”. Questo perchè si deve “superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva” perché è “ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile. Si deve quindi ritenere che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale”.
Insomma: chi si sposa il ricco (ma anche la ricca, perchè no) per “sistemarsi a vita” dovrà sperare di trovarne un altro/a al momento del divorzio. Certo, l’assegno di mantenimento non viene per forza escluso, ma la novità è che con questa sentenza “il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale, in una indebita prospettiva di ultrattività del vincolo matrimoniale”
L’assegno di mantenimento dopo il divorzio dipende ora non più “dal parametro del tenore di vita matrimoniale, indicando come parametro di spettanza dell’assegno, avente natura assistenziale, l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede”. Quindi all’ex coniuge deve essere garantita l’autosufficienza economica, non lo stile di vita che aveva da sposata.
Se l’ex è in possesso di “cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari” e di “capacità e possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro indipendente o autonomo” e se ha “la stabile disponibilità di una casa di abitazione” può mantenersi da solo. Se dopo il divorzio l’ex coniuge ritiene di avere motivo di richiedere un assegno lo farà invece perchè non in possesso di questi requisiti e non più per mantenere il tenore di vita che aveva durante il matrimonio. Spetta a lui/lei in questo caso “allegare, dedurre e dimostrare di non avere i mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni obiettive”.
Insomma, niente assegno se l’ex coniuge ha una casa di proprietà e un lavoro che gli garantiscano l’autosufficienza, lo stretto necessario per l’autosufficienza nel caso non ci siano questi requisiti. Una sentenza che avvicina l’Italia agli standard europei e che, ovviamente, non va a toccare la questione del mantenimento dei figli minorenni.