L’abbandono del tetto coniugale determina sempre l’addebito? Oggi ce ne parla il nostro avvocato di fiducia con un esempio pratico.
Nel caso di specie un marito aveva chiesto che venisse pronunciata la separazione con addebito nei confronti della moglie, accusata di aver abbandonato il tetto coniugale, pur non essendo il rapporto in crisi, per andare a vivere con altre donne con le quali intratteneva rapporti omosessuali.
La donna, che si era sottoposta a cure per una forte depressione, aveva lasciato il marito dopo una forte crisi personale che l’aveva portata ad allontanarsi dalla famiglia e a dormire fuori casa.
In primo grado il Tribunale aveva pronunciato la separazione addebitandola alla moglie, ma la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, rigettando la richiesta formulata dal marito.
L’ abbandono del tetto coniugale è avvenuto infatti dopo che si era già prodotta una situazione di oggettiva intollerabilità della convivenza da parte della moglie, tale da giustificare la scelta di andarsene, benché non fosse emerso a carico del marito alcun comportamento contrario ai doveri del matrimonio. La recente sentenza della Cassazione Civile (n.8713/2015) ribadisce che il diritto alla separazione si fonda su fatti che “nella coscienza sociale e nella comune percezione rendano intollerabile il proseguimento della vita coniugale”.
L’intollerabilità della convivenza si fonda soprattutto su elementi di carattere soggettivo perché il concetto di intollerabilità può essere percepito diversamente da ogni individuo secondo la formazione culturale, la sensibilità e il contesto della vita dei coniugi. Le situazioni di intollerabilità di convivenza devono essere anche oggettivamente apprezzabili e giudizialmente controllabili.
“Il giudice per pronunciare la separazione deve controllare, in base ai fatti obiettivi emersi, l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità da parte dell’altro, la convivenza.”
Nel caso in cui tale situazione di intollerabilità si verifichi, anche rispetto a un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia il diritto di chiedere la separazione.
Sulla relazione tra omosessualità e adulterio, la Cassazione ha ritenuto che la relazione omosessuale del coniuge costituisce violazione dell’obbligo di fedeltà e motivo di addebito quando è causa principale della crisi dell’unione e non quando il rapporto coniugale è già compromesso.
La frattura può dipendere dalla condizione di disaffezione e di distacco spirituale anche di uno solo dei coniugi.
I dati Istat parlano chiaro, un terzo delle separazioni sono causate dai tradimenti “on line”.
Internet ci ha regalato l’illusione che più posso scegliere, più sarò felice e proverò emozioni nuove e forti; come se l’amore adulto coincidesse con un’eterna fase di innamoramento. Stare insieme comporta la scelta di escludere la novità, anche se spesso non sappiamo resistere all’idea di aprirci un varco nella routine di tutti i giorni per sentirci liberi. Alle volte è proprio dopo la nascita di un figlio che ci si avvicina alle chat per intrattenere discussioni che diventano sempre più intime, fino a spingersi a spiccate allusioni a rapporti sessuali.
E’ tradire il coniuge intrattenere conversazioni a sfondo erotico per mezzo di una chat?
E cosa si intende oggi per dovere di fedeltà?
La Cassazione ritiene che possa ricondursi al concetto di lealtà, che impone ai coniugi di sacrificare gli interessi e le scelte individuali che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita in comune.
La fedeltà riguarda quindi un ambito molto più esteso dell’intimità fisica della coppia.
E anche se non mancano “coppie libere”, che non fondano il loro rapporto su un’esclusività sessuale, il tradimento rimane una violazione particolarmente grave, che comporta l’intollerabilità della convivenza e l’addebito della separazione, quando viene individuato come la causa della crisi matrimoniale. La stessa relazione virtuale, se comporta offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge, viola l’obbligo di fedeltà.
Il matrimonio continua dunque ad essere la tomba dell’amore? O, come sostiene la scrittrice Lidia Ravera nel suo ultimo romanzo “ Gli Scaduti”, “l’amore coniugale è la forza più dirompente di cui disponiamo”?
Articolo scritto da Rossana Tavani, avvocato del foro di Bologna