Cosleeping e sidebed: ecco come sviluppare l'”attaccamento sicuro” del neonato a partire dal momento della nanna
Quando ho partorito la mia prima figlia, ormai più di otto anni fa, come tante neomamme avevo acquistato un’intera cameretta coordinata: fasciatoio, lettino con sbarre e paracolpi, giostrina da attaccare al lettino, comodino su cui appoggiare abat-jour contro la paura del buio. Non sapevo che i neonati fino all’ottavo/nono mese non hanno paura del buio e soprattutto che tutte quelle cose meravigliose (e costose) le avrei usate davvero poco. Già, perché la mia scelta è da subito caduta sul cosleeping.
Elena Sofia è nata di otto mesi e non pesava neanche due chili; perfino i completini da prematuri erano enormi per lei e benché fosse un luglio caldissimo per non tenerla in incubatrice dovevo avvolgerla in una coperta di pile e stringerla a me. Da lì alla frase dell’ostetrica “signora, ma stanotte che ne dice di tenerla a dormire con lei?” il passo è stato brevissimo. Mia figlia aveva due giorni di vita quando ha iniziato a condividere il letto con me e non ha smesso fino a 13 mesi, quando ha con molta naturalezza lasciato il posto alla sua sorellina neonata. Così, quasi per caso e grazie ad un reparto di ostetricia e ginecologia ancora molto “umano” è iniziata la mia avventura con il cosleeping, che a distanza di otto anni e altri tre figli non si è mai interrotta, passando però all’ausilio di un sidebed (ovvero la culla Next to me di Chicco che si attacca al letto, creando uno spazio aggiuntivo per il piccolo).
Intanto, vi starete sicuramente chiedendo se la scelta del cosleeping non sia lesiva per l’intimità della coppia; beh, ho fatto altri tre figli, quindi decisamente no. Anzi, non faticando per alzarsi ogni volta che il bimbo piange (e comunque rassicurato dalla presenza costatnte del genitore il neonato in genere piange meno) si è molto più riposati e la vita di coppia ne trae beneficio. C’è però un altro aspetto da valutare: anche se il sonno delle neomamme è programmato per essere leggerissimo e a prova di spazio vitale (quello del papà ahimè un pò meno) alcuni genitori temono di poter schiacciare il bimbo che dorme nel lettone; qui entrano in gioco i sidebed, che offrono i vantaggi del cosleeping lasciando però al bimbo uno spazio tutto suo.
Eppure in molti ospedali e molti pediatri consigliano di educare i neonati a dormire da soli e nella loro cameretta al massimo a partire dal terzo mese di vita. Per non parlare di nonne e suocere, perché al loro tempo i bambini “facevano meno capricci” (è vero, e più avanti vi spiegherò il perché, ma non è certo un fatto positivo). In realtà queste sono indicazioni in netta contraddizione con quanto le tendenze attuali: si è infatti notato che i bambini che vengono tenuti in braccio molto tempo al giorno, coccolati e che dormono insieme ai genitori, piangono meno e vengono allattati al seno più a lungo.
Spesso sento mamme lamentarsi del fatto che il bimbo non dorme (sarà un caso che con 4 figli questa cosa mi sia successa davvero pochissime volte?), ma ciò che in molte si rifiutano di capire è che il bimbo si riesce ad addormentare solo se si sente protetto; chiaramente il luogo più sicuro per un bambino molto piccolo è vicino alla sua mamma. Quello che dicono le nostre nonne e mamme in merito ai bambini “meno capricciosi” è vero in parte, nel senso che se il bimbo non sente accolti dalla mamma i suoi richiami (il pianto, prima di tutto), inizia pian piano a rinunciare a piangere e a chiamare, soffocando di fatto le sue emozioni. Ma quello che sembra un bimbo precocemente autonomo è in realtà un bambino frustrato. D’altra parte è proprio la reazione di allarme dell’essere “lasciato solo” che ha consentito la sopravvivenza della specie.
Al contrario, la madre che si tiene vicina anche durante la notte il neonato, rispondendo prontamente al suo richiamo, lo incoraggia ad esplorare il mondo senza paura, facendogli capire che lei c’è sempre e che quella autonomia il piccolo può conquistarla con tutta calma (e la conquista eccome, ve lo assicuro). La creazione di questo “attaccamento sicuro” permetterà al bimbo di crescere nell’empatia e di possedere una più efficace autoregolazione degli stati emotivi: non è quindi esagerato dire che con il cosleeping si gettano le basi per crescere adulti più sicuri. Con questo non diciamo che il genitore deva iperproteggere il figlio per sempre, ma che debba incoraggiare l’autonomia al momento giusto, senza forzare i tempi del suo bambino.
La necessità di optare per il sidebed (nel mio caso la culla Next to me di Chicco) sorge quando la mamma e il papà preferiscono che il neonato abbia comunque un suo spazio protetto dal sonno dei genitori, ma vicinissimo alla mamma. La Next to me è regolabile in altezza e si attacca al letto tramite delle pratiche cinghie. Io l’ho piazzata proprio attaccata a me, per sentire il respiro del mio bimbo ed allattarlo direttamente da lì senza doverlo spostare (in pratica ciuccia e si riaddormenta in un minuto, mentre se lo tirassi su dal lettino, se mai ci dormisse, starebbe sveglio ore). E’ dotata di un materasso traspirante che mi fa stare ancor più tranquilla e la porto anche in trasferta perché si ripiega completamente.
Grazie a questo sidebed non ho dovuto forzare la mano con Eva Maria, che ancora a metà notte corre nel lettone con me e il papà e aspetto che ognuno si prenda il suo tempo… E io intanto dormo!
Post in collaborazione con Chicco